Quando parliamo di Neutral Colors è bene specificare che non ci riferiamo solo all’omonima rivista prodotta in Giappone, per la precisione a Yokohama, dalla fondatrice Naonori Katoh e dal grafico Daisuke Kano, ma anche e soprattutto a una casa editrice e ad una legatoria, tre mondi fra loro però indissolubilmente uniti dalla spasmodica passione per l’editoria indipendente dove il concetto centrale è quello di artigianalità del prodotto.
È proprio quest’attitudine al lavoro che accomuna un piccolo gruppo di persone che gestendo tutto il processo produttivo: dalla stampa, alla rilegatura, alla distribuzione e promozione, compone
e porta avanti una società editoriale di medie dimensioni, economicamente sostenibile, che si colloca a
metà strada tra l’editoria commerciale e quella indipendente con la rivista tirata in circa 5000 copie e altri volumi solitamente stampati in un massimo di 1000 copie.
Il progetto Neutral Colors prevede la messa a disposizione di una serie di competenze e strumentazioni atte alla realizzazione di stampe serigrafiche e risografiche, rilegature di ogni tipologia, taglio, piegatura,
fascicolazione, distribuzione e promozione.
L’omonima rivista, che prevede una sola uscita annuale e che per certi versi si avvicina fino a lambire il concetto di libro d’artista, fa la sua apparizione nel mercato degli indie mags nel 2020, focalizzando l’attenzione sul tema “La vita e l’India” e si presenta – come del resto avverrà per ogni numero successivo – con diversi tipi di carta e tecniche di stampa (risografia, offset, ecc.), con un’originale “pinzatura a sella”, rilegatura assai comune in Giappone nei settimanali e nelle riviste manga, e uno dei tratti caratteristici della rivista.
Le altre uscite hanno riguardato il tema della scuola (n.2, 2021 e n.3, 2022), quello del lavoro (n.4, 2023) ed uno (n.5, 2023) interamente dedicato al “dietro le quinte” della produzione della rivista stessa; un numero elegante e sperimentale allo stesso tempo, che utilizza un design dai colori invertiti rispetto alla classica produzione editoriale in cui una splendida stampa litografica bianca emerge su di una elegante carta nera opaca.
L’ultima fatica di Naonori Katoh e Daisuke Kano, uscita nel 2023, riguarda invece il tema del linguaggio, considerato dai due l’elemento che più di ogni altro è in grado di rivelare l’unicità di ogni individuo.
Oltre alla bellezza della rivista, ciò che reputo davvero interessante in questo progetto, sta nel suo riuscire ad attualizzare – con i dovuti aggiornamenti tecnologici e le naturali distanze estetico-culturali – la visione del prodotto editoriale così come teorizzata dall’inglese William Morris e dal movimento Arts and Crafts ben oltre un secolo fa.
Morris, infatti, esortava gli artigiani a rispondere al bisogno di bellezza in tutte le loro creazioni e a non cedere alla logica capitalistica che mira ancora oggi soprattutto a generare profitti anche a discapito della qualità.
Per Morris, viceversa, proprio la ricerca della perfezione e della qualità totale di un prodotto significa ricercare il piacere nella vita quotidiana, caratteristica per lui imprescindibile.
Egli riteneva infatti che questo obiettivo dovesse essere raggiunto attraverso il lavoro, poiché esso occupa gran parte della nostra vita.
Era inoltre convinto del piacere che le arti applicate riescono a generare sia nei loro creatori che nei consumatori finali, visione questa in netto contrasto con quanto proposto dalla impersonale e a volte disumana produzione massiva e seriale che si manifesta nella scarsa qualità e ricercatezza che troviamo in edicola.
I temi stessi indagati nella rivista, rimandano come detto al lavoro, all’istruzione, alle modalità di produzione, tutti concetti centrali nella visione politico-estetica di Morris e rappresentati alla perfezione dal lavoro di Katoh e Kano.
Sono sempre loro che, sulla scia del caso editoriale di How to Book, pubblicato nel 2020 dalla Small Editions di New York, seguito da How to Book in Berlin, edito da einBuch.haus nel 2023, danno alle stampe il volume, anche con un’edizione in lingua inglese, dal titolo How to Book in Japan, composto dalle voci di venti editori, librerie e artisti attivi nel mondo dell’editoria del Sol Levante in cui sono proposte informazioni su strategie di finanziamento, tecniche di produzione e approcci innovativi alla distribuzione.
Un volume questo che risulta interessante per due ragioni. Se da un lato infatti rappresenta un’utile guida per entrare nel laboratorio di chi i libri li crea, curiosando fra formati, carte, rilegature e quant’altro, dall’altro semina una conoscenza che è bene diffondere, condividere e appunto, lasciar sedimentare anche al di là degli editori di professione e dei “semplici” appassionati.
Questo secondo aspetto mi riporta alla mente le letture dei (pochi) testi di Donald F. McKenzie, a detta di molti il più originale bibliologo del secolo scorso, colui che ha saputo rinnovare i metodi della bibliografia ponendo l’interessantissima questione della relazione che esiste tra forma, contenuto e interpretazione dell’oggetto editoriale segnando in profondità lo sviluppo della storia del libro, per lo meno nel mondo anglosassone.
McKenzie infatti è riuscito, non senza far storcere il naso al mondo accademico, a mostrare la complessità del principio forms effect meanings in cui fondamentale risulta essere, oltre allo studio dei contenuti, anche e soprattutto la conoscenza degli aspetti fisici e materiali delle differenti fasi di realizzazione di un prodotto a stampa per giungere ad una reale conoscenza del prodotto stesso.
La sua intuizione, che nel progetto editoriale Neutral Colors viene abbracciata attraverso una serie di tracce ed elementi necessari per i futuri studiosi, pone al centro di tutto l’indagine storica dello studio congiunto degli aspetti testuali e di quelli materiali nei quali un testo ha circolato.
Di conseguenza, il rapporto inscindibile che lega lo studio della parola, tradizionalmente oggetto della critica letteraria, l’analisi degli elementi materiali, di norma oggetto di studio della bibliografia, e gli aspetti socioeconomici della produzione libraria nel suo complesso.
Porre l’accento sulla qualità e sulle competenze necessarie per inseguirla con ogni mezzo a disposizione sulla scia degli insegnamenti di William Morris e lasciare indizi per l’analisi futura dell’intricata matassa che compone la realizzazione di un prodotto editoriale come proposto da Donald F. McKenzie, questi a mio avviso sono i due aspetti centrali nel progetto Neutral Colors.