Scrivere un articolo su Winston Smith non è mai semplice ed il perché credo sarà più chiaro nelle righe successive. Innanzi tutto, è bene partire dal nome, Winston Smith è infatti un nome fittizio rimanda al ben più conosciuto protagonista del famoso libro 1984, scritto da George Orwell nel 1949.
Nel romanzo breve di Orwell, Winston Smith è un comune funzionario di partito, impiegato presso il fantomatico Ministero della Verità dello stato Oceania, nato dopo un lungo conflitto mondiale che ha visto il Pianeta Terra dividersi in tre grandi stati totalitari: Oceania, Eurasia ed Estasia. Senza entrare nel dettaglio, il libro è uno dei più classici esempi di letteratura distopica in cui al centro di tutto è il tema del controllo e della sorveglianza negli ultimi anni tornato assai di moda nel dibattito internazionale come dimostra, fra gli altri, il successo del libro Il capitalismo della sorveglianza di Shoshana Zuboff.
Già da questa breve introduzione si capisce la particolarità di Smith, l’artista intendo, che durante tutta la sua lunga carriera ha sempre anteposto al successo economico ed alla fama, una chiara impronta politica, tal-mente rigorosa da divenire quasi una forma di personale approccio etico al mondo dell’arte.
Winston Smith nasce il 27 maggio 1952 a Oklahoma City e, dopo aver vissuto 7 anni in Italia dove oltre a scoprire l’arte classica rinascimentale, viaggia mantenendosi facendo il roadie per il noto gruppo di progressive jazz italiano dei Perigeo.
Tornato negli USA nel 1976, si stabilisce a San Francisco, iniziando ad adottare con regolarità quello che diverrà il suo nome d’arte.
Dopo aver realizzato insieme al collega Jayed Scotti la sua prima fanzine dal titolo Fallout nel 1976 (FIG.0), inizia la sua decennale sperimentazione con la carta e la fotocopiatrice, strumenti questi che non abbandonerà mai più, divenendo per molti il più importante collagista pop surrealista del Ventesimo Secolo.
La fanzine Fallout ha fornito la possibilità a Smith e Scotti di produrre volantini parodia di concerti e band del tutto inventati, saggi politicamente molto schierati, commenti pungenti sulla situazione politica nazionale e internazionale e tanto altro materiale grafico. Smith in questo periodo utilizza anche un numero imprecisato di altri nomi fittizi che compaiono come fantomatici collaboratori della fanzine come Zeno Weevil, Krass Vermin e Ran-goon Dandy.
Sono proprio questi suoi primi lavori, il più conosciuto dei quali è
IDOL – apprezzato anche con il titolo Cross of Money – a farlo entrare in contatto con Jello Biafra, allora frontman della band punk hardcore dei Dead Kennedys e con la band degli Alternative Tentacles, per i quali negli anni ha realizzato copertine, pubblicità, volantini e loghi. In entrambi i casi si tratta di band estremamente rumorose, politicizzate, sovversive, i cui testi mostrano una feroce aggressività verso ogni forma di potere costituito, in particolar modo quello politico e religioso, e una spiccata vicinanza con il pensiero anarchico nella sua versione californiana.
Sia i Dead Kennedy’s che gli Alternative Tentacles devono gran parte del loro successo anche alla prorompente carica sovversiva e anti-establishment tipica dei lavori di Smith. Sia Biafra che Smith intendono infatti l’arte come un mezzo per divertire e scioccare attraverso l’impiego di un umorismo grafico fortemente ironico e inquietante.
Tali strategie non erano nuove: gli artisti Dada europei all’inizio del Ventesimo Secolo avevano infatti già utilizzato tali tecniche per denunciare gli orrori della Prima Guerra Mondiale e dell’avvento del regime nazista. Tra i più noti ricordiamo Raoul Hausmann e Hannah Höch, insieme ai fotomontaggi di John Heartfield.
Le sue collaborazioni musicali diventano regolari con il passare degli anni fino a raggiungere artisti di fama mondiale quali Ben Harper e i Green Day per cui realizza la copertina dell’album Insomniac del 1995. I suoi lavori compaiono su tutte le principali riviste anche al di fuori del ristretto circuito underground come Spin, Playboy, Wired, National Lampoon e su numerose fanzine punk come Maximumrocknroll e Punk Planet.
Ma cosa affascina così tanto del suo lavoro? Perché una certa cultura underground continua a volere le sue opere?Cerchiamo di rispondere a questa domanda analizzando brevemente proprio il suo processo creativo e le caratteristiche peculiare della sua produzione artistica.
Innanzi tutto, Smith da forma al suo immaginario attraverso la tecnica del collage, vero e proprio marchio di fabbrica di gran parte della grafica alternativa del Novecento che, a partire proprio dal Futurismo e dal Dadaismo, ha visto la sua fortuna aumentare senza sosta fino ai giorni nostri dove la ritroviamo non più solo in formato cartaceo, ma anche (e soprattutto) nel mondo digitale con l’incontrollabile proliferazione memetica.
Smith abbraccia la tecnica situazionista del détournement, “rapendo” immagini quasi sempre risalenti all’estetica degli anni Cinquanta americani.
Da qua ricerca il contrasto, la destabilizzazione visiva e ancor più concettuale, mettendo l’osservatore con le spalle al muro e lasciandolo di fronte ai paradossi e le incongruenze che ci circondano quotidianamente ma a cui sempre più spesso non prestiamo la dovuta attenzione.
Con un umorismo tanto raffinato quanto diretto e senza fronzoli, Smith ci parla di problemi profondi e inquietanti con immagini che a prima vista appaiono amichevoli e rassicuranti.
Il suo è stato definito “surrealismo istantaneo” visto che, alle tinte realistiche delle immagini, affianca correlazioni e automatismi logici corrosivi che spesso lasciano fluire liberamente i demoni del suo inconscio. C’è qualcosa di intrinsecamente punk nel suo modo di intendere il collage che richiede una mentalità do it yourself e una certa aggressività nel tagliare e unire insieme immagini provenienti da contesti spesso diametralmente opposti.
L’approccio di Smith al collage è acuto, spiritoso e sofisticato, con un occhio attento ai dettagli e una costante attenzione alla composizione e all’equilibrio complessivo, insieme all’amore per l’umorismo e al potere che ha la grafica di informare, persuadere e provocare.
L’eredità del lavoro di Winston Smith è ancora oggi assai viva, il suo stile viene ampiamente imitato non più solo nell’ambiente dell’underground punk e hardcore e, proprio questa sua legacy, in un’epoca di perfezione visiva sempre più spinta, di postproduzione digitale continua, ci lascia addosso almeno una speranza: non tutto è perduto, l’underground resiste!